“Tutto si riduce
all’ultima persona a cui pensi la notte, è lì che si trova il cuore.” Charles
Bukowski (Andernach, 16 agosto 1920 – San Pedro, 9 marzo 1994)
(09 Marzo 1994) Muore a
San Pedro lo scrittore Henry Charles "Hank" Bukowski Jr. Accostato
spesso alla beat generation per il suo atteggiamento anticonformista e per lo
stile disadorno, Bukoswki ha sempre rifiutato ogni etichetta e dichiarato
apertamente d’ispirarsi, per i suoi libri, solo alla sua città. Bukowski scrive
moltissimo: centinaia di poesie, racconti e sei romanzi. Tra i suoi lavori più
famosi “Factotum”, “Storie di ordinaria follia”, “Post office” (se proprio lo
si vuole collocare in una corrente letteraria, il dirty realisim sembra più
appropriata, una corrente letteraria americana sorta tra gli anni
’70 e ’80 che aveva come obbiettivo il riportare la scrittura ai suoi
fondamentali).
Nato il 16 agosto 1920
ad Andernach (una piccola cittadina tedesca nei pressi di Colonia), figlio di
un ex artigliere delle truppe americane. Charles ha solo tre anni quando la
famiglia si trasferisce negli Stati Uniti, a Los Angeles. Qui trascorre l'infanzia costretto dai
genitori a un quasi totale isolamento dal mondo esterno. A sei anni era un
bambino con un carattere già ben formato: schivo e impaurito, escluso dalle
partite di baseball giocate sotto casa, irriso per il suo tenue accento
teutonico, manifesta già quelle difficoltà d’inserimento che caratterizzeranno
la sua esistenza e la sua arte, anche perché le sue opere sono spesso tratte
dalla sua vita alienata e caotica.
A vent'anni abbandona
la casa paterna. Inizia così un periodo di vagabondaggio segnato dall'alcol e
da una sequenza infinita di lavori saltuari. Bukowski si trasferisce a New
Orleans, a San Francisco, a St. Louis, soggiorna spesso e volentieri in
pensioni-bordello dove incontra un’umanità variegata e ai margini. Fa il
lavapiatti, il posteggiatore, il facchino, si sveglia sulle panchine dei parchi
pubblici, per qualche tempo finisce perfino in galera. E continua a scrivere.
Proprio in quel periodo
comincia a scrivere le prime poesie e i primi racconti. Siamo negli anni ‘40 e
lo scrittore inizia ad avere qualche problema con la legge per renitenza al
servizio di leva. Viene arrestato nel 1944 e dopo qualche giorno di prigione
sarà sottoposto ad alcuni esami che lo riterranno inidoneo al servizio
militare. Nel 1956 viene assunto come postino a Los Angeles e da tale
esperienza, durata appena tre anni, trae ispirazione per il suo primo romanzo,
“Post Office“, pubblicato nel 1971, dove appare per la prima volta quello che
sarà il protagonista principale delle sue opere, Henry Chinasky, l’alter ego
usato dallo scrittore in molti suoi racconti e romanzi. Incapace di
relazionarsi positivamente con gli esseri umani, uno delle sue battute più
frequenti è «Umanità mi stai sul cazzo».
Nei suoi scritti ritrae
una schiera di personaggi che vivono ai margini della società: prostitute,
alcolisti, individui disadattati, vagabondi, alienati e giocatori
spregiudicati. Tutti personaggi che si aggirano come fantasmi in un mondo che
li rigetta. La sua produzione rappresenta in modo realista la depravazione
della vita urbana e la difficile esistenza degli oppressi nella società
americana. Il suo linguaggio crudo e le immagini violente che emergono nelle
sue pagine dividono tutt’oggi i critici ed è raro, se non impossibile, trovare
un suo scritto in un libro di letteratura. Non pochi sono ancora i critici
perbenisti che reputano volgare e offensivo lo stile di Charles Bukowski. La
loro alterigia li ha resi incapaci di cogliere i messaggi sociali racchiusi nelle
sue opere.
Nel 1988 si ammala di
tubercolosi, ma continua a scrivere e pubblicare libri fino a quando, il 9
marzo 1994, all'età di 73 anni, muore stroncato da una leucemia fulminante, a
San Pedro, poco dopo aver completato il suo ultimo romanzo, Pulp. I funerali
furono officiati da monaci buddisti, alla cui disciplina spirituale si era
avvicinato negli ultimi anni. La sua lapide recita: "Henry Charles
Bukowski - Hank - Don't Try - 1920-1994", e sotto appare l'incisione
raffigurante un pugile.
Queste due semplici
parole – don’t try – frase che usa spesso in una delle sue poesie in cui dà
consigli sulla creatività e sul metodo agli aspiranti scrittori, si riferiscono
però al suo approccio alla scrittura. In una lettera del ’63 scrive: «Qualcuno
in uno di questi posti… mi chiese: “Cosa fai? Come scrivi, come crei?” Non lo
fai, gli dissi. Non provi. È molto importante: non provare, né per le Cadillac,
né per la creazione o per l’immortalità. Aspetti, e se non succede niente,
aspetti ancora un po’. È come un insetto in cima al muro. Aspetti che venga
verso di te. abbastanza, lo raggiungi,
lo schiacci e lo uccidi. O se ti piace il suo aspetto ne fai un animale
domestico.»
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