"Io sento penosamente la sofferenza altrui: dei più deboli, o più
esattamente dei più offesi. Ma la sento perché pesa a me: per così dire, mi dà
fastidio, mi fa star male. Quindi, in un certo senso, non è un agire per gli
altri: è un agire per me. Perché alcune sofferenze degli altri mi sono
insopportabili." (Pietro Ingrao)
(30 Marzo 1915) Nasce a Lenola Pietro Ingrao: partigiano, giornalista e
politico italiano. Storico esponente dell'ala sinistra del Partito Comunista
Italiano (cui aderì già dal 1940, partecipando attivamente alla Resistenza), fu
direttore dell'Unità dal 1947 al 1957 e Presidente della Camera dei deputati
dal 1976 al 1979.
Nato in una famiglia borghese, per un ragazzo della sua condizione sociale,
scegliere di aderire alle lotte operaie non fu scontata. Durante il ventennio
brilla ai Littoriali, manifestazioni sportive e culturali riservate agli
universitari fascisti, dove vince competizioni sportive e letterarie. Il mito
del comunismo è ancora lontano, Ingrao si iscrive a giurisprudenza e al centro
sperimentale di cinematografia, dove resiste poco più di un anno. Lo abbandona,
insieme agli studi, a causa della guerra di Spagna.
«Il 17 luglio 1936», racconterà, «è un giorno chiave: esplode la rivolta
franchista. Non tornai più al centro sperimentale. Da allora, la lotta di
classe diventò il punto centrale nella mia vita, il primo dovere, la prima
speranza». Questo è il giovane Ingrao. Prenderà la laurea, ma al primo posto
nella sua esistenza resterà per sempre l’impegno ai valori del comunismo, a cui
riserva una dedizione totale.
Lavora clandestinamente per il Partito negli anni del fascismo. Caduta la
dittatura, è eletto in Parlamento, dunque entra nella segreteria del Pci. Che,
a partire dal 1947 e per dieci anni, gli affida la direzione de “L’Unità”. Nel
Pci Ingrao si afferma come uno dei massimi dirigenti, dopo Togliatti tra i più
amati. Ha peso, anche se relegato al ruolo dell’eterno oppositore.
Fra il 1989 e il 1991 fu tra i più autorevoli oppositori alla "svolta
della Bolognina", che determinò lo scioglimento del PCI. Posto dinanzi al
fatto compiuto Ingrao aderì comunque al Partito Democratico della Sinistra, per
cercare di spostarne la politica a sinistra. Con questi obiettivi coordinò
l'area dei Comunisti Democratici fino al 15 maggio 1993, quando annunciò
l'addio al PDS per avvicinarsi al Partito della Rifondazione Comunista.
Paolo Franchi ne diede una bellissima descrizione: «Sul perché del fascino
esercitato da Pietro Ingrao, in stagioni diverse, su tanta parte della sinistra
italiana, si sono interrogati in parecchi, anche molto lontani dalla sua parte.
Gli estimatori hanno posto l’accento soprattutto sulla passione politica, sulla
tensione intellettuale, sulla fibra morale: tutte qualità incontestabili
dell’uomo. Gli avversari, sulla fumosità dell’analisi, della proposta e, conseguentemente,
del linguaggio; sull’astrattezza, sulla vocazione alla sconfitta: tutti vizi
ben radicati nella sinistra.
Ingrao, forse, non apprezzerà questa descrizione. Ma forse la spiegazione
più verosimile è quella che diede Indro Montanelli, quando il vecchio Pietro si
oppose alla “svolta” di Achille Occhetto a cui diede battaglia. Scriveva
Montanelli: “Ha un volto rincagnito e parla con un plumbeo accento ciociaro.
Eppure non si può guardare senza provare per lui un profondo rispetto. Ciò che
dice può essere sbagliato, ma il suo è un dramma autentico, senza nulla di
recitato, anzi contenuto nei toni più sommessi: il dramma di un uomo che, messo
alla scelta tra una carriera e una bandiera, sta con la bandiera, pur ridotta a
un brandello. Il comunismo cui Ingrao non intende proprio rinunciare è, né più
né meno, lo “stare dalla parte degli sfruttati”.
Sposato con Laura Lombardo Radice (1913-2003), aveva cinque figli: Chiara,
Renata, Bruna, Celeste e Guido. Muore a Roma il 27 settembre 2015, sei mesi
dopo aver compiuto 100 anni. È sepolto presso il cimitero comunale di Lenola.
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